La vita è un’immensa malinconia senza gli altri, senza la solitudine e con noi e per noi malinconici che siamo i suoi abitanti, la vita è un brulichio di ricerca e ritrovamenti, di tramortimento e fulgori, smarrimenti e bellezza – siamo sempre corriamo ai ripari dei/dai miracoli incombenti. La vita deve tendere all’amore, l’amore che tende all’ombre degli alberi ai vecchi dischi sotto i tetti dei temporali, la vita non si aspetta odi o inni, molti altri dischi – piuttosto non necessiterebbe di odii e altre guerre (credo la vita possa essere al corrente del fatto che molti altri libri di questa storia terrestre non se ne scriveranno, e non lo è per chissà che catastrofismo imminente, o poca fede nella figura di uno storico contemporaneo) – è che non è forse bisognoso il mare di altro mare, la terra di altra terra – forse, semmai vorrebbe essere fertile, tenersi con le mani nostre farsi forza alimento di questo presente al passato, di questa piena e vuota rotazione a variante x dell’atomo – il centro, nucleo che forse si cambia d’abito, la materia che ancora non è e mai deterrà un commercio segreto di stato – la vita cela il suo immaginario si cela nell’immaginario possibile e impossibile che scaturisce pian piano a ogni motore immobile che si muova dalle mani di un dio ascoltatore un dio probabilmente paziente almeno (e) quanto l’impazienza dell’uomo che porta a mentire all’uomo stesso, la sorte il destino sono carte di un unico mazzo, ma forse uno e l’unico diverso da tutti quelli che si mescolano e ruotano liberi nell’universo – le stelle sono in funzione ai nostri limiti, sono illimitate e sorgono come il sole a ore diverse, poi la luce pare la stessa ai nostri sguardi malinconici e romantici che ne necessitano l’orbite – adesso la vita è in attesa e tormenta, poi si placa e ridiventa sperante pressante di una gioia così piccolina e gigantesca da far reggere in piedi un gigante in mano a una formica – legge quantica di resistenza, equilibrio che ritorna a squilibrare il pensiero del peso come unità di misura, la massa è quella che incombe agli occhi degli abitanti ai centri commerciali ai miliardi di e dei tanti, tanti anni indietro e tanti in altri(versi)in senso antiorario, il tempo è una pura illusione domestica, e dove stiamo andando non conta, ma verso il penultimo sogno non resta che provare a svegliarsi ricordando e lasciandosi dimenticare per forza di una piccola verità immersa, immensa. Virtù, che dorma. Di cosa in cosa. E allora. Punto, interroga.
La vita
Il ritratto
di una città del nord
A nord il canto distratto
di una città del sud
accanto un possente suono e l’onda
una fotografia
del centro
dal centro della periferia
due mani
a parole
minuscole
e i molteplici modi del Sogno
la vita
in moto
e vitrea
la vista il ritorno
da fermo
il telecomando
che non funziona
una televisione che non risponde
una visuale che corrisponda
a
la cifra del tuo lavoro
precisa
la vita decisa del cuore
e una televisione disintegrata
(tutti pensiamo di impazzire prima poi
senza poi o prima che questo possa già esser avvenuto)
5 commenti
Comments feed for this article
ottobre 17, 2010 a 2:14 PM
Crafty Green Poet
un posto belissimo e malincolico, me piace molto!
aprile 23, 2012 a 4:29 PM
Francesca Canobbio - rosadstrada
(rebloggato sul mio blog)
ciao*
aprile 23, 2012 a 4:29 PM
Francesca Canobbio - rosadstrada
Reblogged this on asfaltorosa.
aprile 24, 2012 a 3:35 am
Francesca Canobbio - rosadstrada
Maggio 8, 2012 a 6:46 am
La via più cara al mondo, – Giampaolo de Pietro « asfaltorosa
[…] Inni in vani (qui la via più cara al mondo) 44.407062 8.933989 Share this:StampaEmailTumblrTwitterFacebookLike this:LikeA un blogger piace […]